De i Terzi, non una regola
Gironzolando sui vari gruppi Facebook capita con periodica ripetitività di ritrovarsi a parlare degli stessi argomenti. Giusto ieri mi sono imbattuto nell’ennesima disquisizione sulla “regola dei terzi”, argomento che sembra, ahinoi, tormentare spesso chi si avvicina alla Fotografia... Sorvolando sulle continue imprecisioni (quando non sono sfondoni!) che spesso albergano nelle risposte, magari perchè chi prova a rispondere è stato egli stesso vittima di spiegazioni errate, ripropongo qui la mia risposta che intende invece offrire una lettura non meramente tecnicistica ma più profonda, toccando l’essenza di ciò che è sotteso alla cosiddetta regola, ovvero la psicologia della percezione (che poi spesso è diretta conseguenza della fisiologia umana) che sembra essere pressochè totalmente sconosciuta non solo a chi impugna una fotocamera, ma anche a tanti che salgono in cattedra per “insegnare” e spesso perfino a chi, con forse audace presunzione, ne scrive anche “libri”.
L’errore è nel chiamarla “regola”.
le regole esistono per sostenere le convenzioni…come la lingua parlata: il segno grafico D più il segno grafico I più il segno grafico T più il segno grafico O (sono tutti simboli che per convenzione vengono associati a dei suoni) abbiamo deciso per convenzione che stanno a indicare una delle cinque estensioni terminali della nostra mano… se tizio decide di sostituire un segno grafico con un altro…ecco che tutti gli altri capiscono una cosa per un’altra. quindi l’uso di quella sequenza per indicare quell’oggetto è una convenzione… una regola appunto.
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